ROSA RIMINI
LA CALIFORNIA ITALIANA SI REINVENTA ANCORA
E IL DIVERTIMENTIFICIO SPOSA LA MODERNITA’ CON LE ANTICHE RADICI
“Rimini non sta mai ferma e, visti da qui, sono ormai archeologia gli anni Ottanta, quando alla radio impazzavano i Righeira, noi giovanissimi giocavamo in spiaggia con le biglie di Moser e Saronni, e Raoul Casadei varava la sua discoteca galleggiante, la Nave del Sole. Erano i tempi in cui nei bar erano appesi i poster degli Azzurri di Bearzot; automobili e «motori» locali andavano ancora in giro con la targa di Forlì e, per noi bambini di città, migrare in Riviera a fine giugno, accompagnati dai nonni era un semplice rituale di stagione. Anno dopo anno, ci preparavamo a tornarci, per trovarci daccapo circondati dalle luci delle sale giochi, da un numero abnorme di gelaterie da negozi strabordanti d’ogni tipo di giocattolo o accessorio da spiaggia in commercio. Non sapevamo di trascorre le vacanze in un divertimentificio: supponevamo che le coste d’Italia fossero presidiate a intervalli regolari da altri posti del genere. Nella nostra confusa geografia mentale, dovevano esistere per forza altre Rimini, altre Californie italiche disseminate di balere, edicole piene di fumetti, e chioschi a strisce dove si preparano deliziose piadine. Solo più avanti, girando per l’Italia, ti rendi conto che di Rimini ce n’è una sola: culla di scorribande giovanile passeggiate all’alba lungo il molo del RockIsland, sede di concerti e capitale del turismo in perenne rinnovamento, ma anche città vera, con la sua anima abbarbicata alle strade di san Giuliano riproposte in versione sognante da «Amarcord», ai gradini del Tempio Malatestiano carichi di passi gravi come quelli che portarono i signori del luogo a scendere in guerra più e più volte contro Urbino e le armate del Pontefice. Rimini ha la sua voce specifica, un timbro che ritorna e puoi riconoscere nel racconto dialettale di un anziano ancora turbata al ricordo di quando i tedeschi lasciarono il passo sotto le bombe all’avanzata degli Alleati; ritrovi quella musica nel rammemorare doloroso, così come nell’inesausto progettare affari ad alta voce di qualche imprenditore ottimista e «pataca», nel conversare degli amici intorno a un bicchiere di Sangiovese, o nella frase tagliente della giovane cameriera che tiene a bada un corteggiatore. Ad ascoltare i discorsi dei locali è meglio arrendersi all’idea che l’acqua passata non macina più, e che questo posto non sarà mai più il borgo di Fellini, né il paese ipertrofico delle vacanze all’epoca della Prima repubblica. In compenso Rimini è diventata una città moderna dove centotrentamila persone vivono tutto l’anno, sede di un polo universitario e di importanti fiere. L’attenzione per il verde pubblico e la possibilità di praticare sport in ogni stagione la caratterizzano rispetto ai capoluoghi più vicini; chi non ne fosse convinto, può imboccare a piedi o in mountain bike la pista ciclopedonale lungo il Marecchia e risalire a Verucchio, quindi a Pennabilli e San Leo, scrigni di storia e d’architettura incastonati nella Romagna più verace e rurale. Rileggendo lungo la strada «Rimini» di Pier Vittorio Tondelli, il cui protagonista viaggia in estate dal caos della costa alla pace di quelle colline, ti rendi conto di quanto la città sia da sempre il capoluogo al passo coi tempi d’una terra antica e sanguigna, popolata da bestemmiatori religiosissimi, lavoratori indefessi e visionari autodidatti, come gli uomini e le donne che presero in concessione i diversi tratti di arenile e vi fondarono i primi stabilimenti a gestione familiare, seguiti dalle pensioni, dai garni e dagli alberghi con piscina. Il nuovo Sindaco, il democratico Andrea Gnassi, è un quarantenne dall’aria allegra e determinata, che da studente organizzava incontri letterari e serate nei rock club come lo Slego e intanto seguiva dalla curva dello Stadio «Romeo Neri» i derby più accesi, quelli fra i biancorossi locali e il Cesena. Un uomo così sa bene che le radici non vanno dimenticate, mentre i progetti devono essere nuovi di zecca, efficaci e di respiro europeo. Con lui la città è pronta a reinventarsi, per trasformarsi ancora; d’altronde, Rimini non ne ha mia voluto sapere, di stare con le mani in mano.”
di Enrico Brizzi , Corriere della sera, martedì 28 giugno