“Non basta più affermare che l’Università per Rimini è un valore. Bisogna che la città esprima una dinamica inclusiva e dialettica nei confronti di un mondo che è fatto di studenti, di docenti, di strutture a servizio, ma soprattutto di un nuovo taglio culturale di fruizione dei luoghi della città. L’Università non è solo questione di contenitori, ma di integrazione e di valorizzazione delle caratteristiche di un territorio. La forza di una università non si misura dal numero dei corsi di laurea, ma dalla qualità dell’insegnamento e dalla capacità di mettere assieme le peculiarità territoriali con la didattica. La scelta di sistemare i contenitori universitari in centro storico, impone più che mai il coraggio di un’integrazione a 360 gradi. Bene la sistemazione degli spazi, ma io credo che si debba salire a un livello superiore. Per esempio, la biblioteca Gambalunghiana – in una città storica e con 5 mila studenti universitari – non può chiudere burocraticamente alle 19. La partecipazione degli studenti alla vita di una città dal mattino, al pomeriggio e alla sera, è la via stretta a un reale arricchimento e la strada anch’essa necessaria al rilancio del centro storico. Più servizi a disposizione e in cambio più partecipazione a migliorare Rimini attraverso studio, creatività, iniziative. Io credo francamente non accettabile la frase che ho letto 3-4 anni fa in cui alcuni operatori del centro si lamentavano dell’università ‘perché gli studenti spendono poco nei negozi’. Ancora nella testa di alcuni riminesi il mondo universitario viene considerato un ‘bubboncino’. Mettiamo a disposizione il talento di chi studia a Rimini per migliorare Rimini. Un esempio potrebbe essere la riqualificazione architettonica delle piazzette Agabiti e Teatini, attraverso un’opera di questi giovani talenti che studiano nei corsi di Rimini. Nel saldo dare-avere l’università è un bel credito per la comunità riminese. Sul fronte della didattica la riforma Gelmini pone Rimini in una posizione delicata. E’ ora di scelte forti, meno dispersive, precise e qualificanti. Dobbiamo puntare sul collegamento della città”.
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Mah… Bologna, per esempio, con atto sucidiario, inizia la sua decadenza quando decentra l’università, che aveva da 1000 anni, ma si può?! Si può solo pensare che non potesse prorpio opporsi, farne a meno. 5000 studenti sedimantatisi in pochi anni sono tanti per una realtà come questa. Dietro ci sono le famiglie poi… Sicuramente la nascita del polo riminese è uno di quei fenomeni che hanno rivoltato rimini negli ultimi anni. Andrebbe anche detto che tutte le cité universitarie in ogni parte del mondo, quelle pubbliche intendo, non sono “ricche”, anzi sono posti abbastanza virgolette “degradati” o meglio “alla buona”. Soldi studenti pubblici ne hanno sempre avuti pochi. Quindi sono posti di copisterie, osterie etc. Ubriachi anche, spaccio. A Bologna, piazza Verdi, stazionano tutte le sere 4-5 auto e jeep dei carabinieri. Quindi l’idea della unversità bellina precisina linda etc. è naif: piano piano la zona universitaria di Rimini assomiglierà alle zone universitarie del resto d’Italia e del mondo. Soldi? Per chi affitta, qualche bar, qualche libreria buona… Soldi soprattutto per chi INSEGNA, quelli sì. Comunque certamente una risorsa per la città, però non si può consegnare il centro storico alla università e agli universitari, vanno “contenuti”, l’esapansione va guidata e controllata. Già tanto comunque che abbiano resistito alla crisi. Sicuramente la città in futuro sarà sempre pià connotata dai corsi presenti e dalle figure che licenzia…
Egregio Alberto, trovo il suo commento ricco di spunti interessanti ed in parte condivisibili anche nella parte delle raccomandazioni. La invito ad inquadrare la questione partendo dall’assunto che una città che imposta una moderna politica industriale per il turismo ha nel polo universitario una risorsa di valore assoluto. Pensi se non ci fosse… Poi i rischi che lei denuncia vanno gestiti ed anticipati. Si potebbe pensare a creare delle leve fiscali per favorire il passaggio dagli affitti alla proprietà, o ancora aggregare strutture ricettive liberando nel contempo spazi e servizi. Concludo dicendo un’ovvietà, ovvero che non esiste Paese in crescita (India, Cina ma anche Sudamerica e le parti d’Europa più lungimiranti) che non investa sul Sapere. A Rimini il sapere va strutturato negando l’equazione Università=degrado. Un saluto.
A proposito di valorizzazione:
http://eddyburg.it/article/articleview/16252/0/38/
in bocca lupo!
mario
ecco, per esempio. Grazie per il contributo e crepi il lupo!