“Cara Enrica,
se non si comincia a giudicare nel merito della storia, delle storie, dei problemi, della fasi sociali, ogni cosa letta con gli occhi dell’attualità appare un abominio. Il Teatro Galli è un gigantesco abuso edilizio perché costruito tra piazza e teatro: lo buttiamo giù? Gli alberghi di prima linea tirati su nella prima fase dello sviluppo turistico li eliminiamo? Così sino ad arrivare alla ‘riminizzazione’ che in realtà è una ‘italianizzazione’ visto che dall’Emilia Romagna all’Umbria, sino al Piemonte e alla Sicilia, il territorio e il paesaggio sono sempre stati valori dall’utilizzo disinvolto, eccessivo, a volte anche vergognoso. E non per colpa del PD ma di almeno 4 generazioni di classe dirigente nazionale e di altrettanti contesti sociali formati da cittadini, associazioni, imprese, stakeholder. Persino i nostri nonni, i nostri genitori. Se ci fermiamo qui è tutto uno scandalo e nessuno – ripeto, nessuno- può dire ‘cambiamo’. Invece io lo dico perché assolutamente convinto di un fatto: dopo 60 anni di sviluppo che ha creato storture e brutture, ma che ha permesso a una piccola città di mare devastata dai bombardamenti di diventare sogno di milioni di persone in tutto il mondo - dopo 60 anni di sviluppo dicevo, è finita quella fase e adesso ne comincia un’altra, nella quale l’Italia e anche Rimini sono chiamate a misurarsi con un contesto internazionale che non può prescindere dall’ambiente e dalla vivibilità. Sarebbe facile dire ‘è tutto sbagliato’ e ricominciare da zero, come si fa con il foglio quando sbagli il disegno. No, una classe dirigente responsabile e ‘nuova’ nelle intenzioni è chiamata a confrontarsi con l’esistente, cambiarlo con coraggio e migliorarlo sulla base prima di tutto di una predisposizione culturale a una mobilità non inquinante, a quartiere vivibili e ricchi di servizi, a una rete culturale e educativa fatta di luoghi e punti di riferimento puntuali e in rete. Se permetti, aggiungo, la mia storia personale è sempre stata orientata verso questi valori, non negoziabili. In questi anni ho creduto e oggi ancora di più nelle intenzioni, nella visione e nelle proposte del Piano Strategico. All’inizio non ci credeva nessuno. Oggi, decine di associazioni, centinaia di persone, sostengono il processo del piano. Provare a realizzare azioni e progetti è l’onere delle prova per chi si vuole assumere responsabilità di governo. Questo per me significa essere una classe dirigente responsabile. E’ con i sorrisi sardonici, o i pianti da coccodrillo, o il dolce fatalismo che l’Italia sta via via scivolando lungo il viale del tramonto.
Vista la sensibilità che mostri su questi temi, spero che tu possa essere parte di un cambiamento che va tutto conquistato. Un caro saluto. Andrea”

