Non è tempo di promesse, non è il momento degli impegni roboanti (e puntualmente disattesi). La transizione da una politica culturale pubblica improntata- in puro stile anni Settanta e Ottanta- alla ‘burocratizzazione’ e alla rigida ‘settorializzazione’ dei processi selettivi e partecipativi a una cultura finalmente libera e cosmopolita passa dalla semplicità. Semplicità nel riconoscimento del merito e del talento, semplicità nel rapporto tra Istituzione e energie creative, semplicità nel definire ruoli e compiti delle parti in dialogo. Soprattutto semplicità nell’assumere e condividere il significato di un inedito approccio al ‘fare cultura’, non consigliato ma addirittura necessario ad alimentare quella ri-sintonizzazione complessiva di Rimini con la modernità: politica culturale è determinare un clima favorevole e diffuso alla sperimentazione e alla creatività, sulla base del riconoscimento del merito, e con l’obiettivo di includere la città nella sua interezza nel processo formativo, educativo e creativo.
E’ corretto affermare che, negli ultimi 15 anni, le consistenti realizzazioni materiali nell’ambito del recupero degli spazi (buon ultimo, la progettazione e il finanziamento per la realizzazione del Teatro Galli) non abbiano alimentato una equivalente consistenza del dibattito intellettuale sulle prospettive di sviluppo delle politiche culturali in città. Questo deficit o interruzione di dialogo tra Amministrazione e arcipelago artistico e creativo ha irrigidito le posizioni, creando una evidente situazione di malessere che ha portato a una percezione ‘mutilata’ del ruolo del lavoro culturale e intellettuale nella programmazione della crescita della comunità riminese. Per anni ci si è riferiti a un obsoleto concetto di cultura- punteggiato da rigidi steccati con scarse relazioni sull’impronta collettiva- il cui limite principale si è rivelato proprio la non completa percebilità di un disegno di fondo. Ciò ha fortemente limitato la discussione ‘interventista’ sul vasto panel degli argomenti propri dell’amministrazione. Le sciocche dicotomie tra ‘priorità all’archeologia o all’arte contemporanea?’ o ‘eventi culturali di richiamo o cultura di servizio?’ o ‘grandi mostre o piccoli eventi diffusi?’ hanno confinato il ruolo della cultura a una sterile oleografia, spesso polemica. Ciò ha causato ulteriori chiusure, incapacità di tessere sintesi produttive, un mai superato malinteso sull’obbligatorietà della cultura assistita, paradossali (strumentali) richieste di endorsement fuori tempo massimo, persino confusione nel riconoscimento delle eccellenze creative (esempio lampante, i meri criteri ‘cronologici’ nell’assegnazione degli spazi espositivi pubblici nel centro storico cittadino). Ma il danno più evidente di questa separazione tra ‘hardware’ e ‘software’ la si è registrata sul versante dell’apporto intellettuale nell’ampio dibattito cittadino, privato di elementi di critica e di analisi non convenzionale e dunque potenzialmente fecondo di spunti.
“Perché, mi chiedo, gli architetti di Milano, i più giovani e propositivi (compreso te, caro Stefano Boeri), non hanno gridato allo scandalo nel momento della scelta dell’area Garibaldi come sede di quegli osceni grattacieli che tolgono la vista e il respiro?”. Questa la domanda che si pone/ci pone Giancarlo Politi sull’ultimo numero del mensile ‘Flash Art Italia’, superando la logica autoconsolatoria della politica ‘colpevole e corrotta’ e riportando il serio quesito là dove dovrebbe sempre stare, ovvero in mezzo a tutta la società e all’intera classe dirigente, a partire da chi ha i migliori mezzi tecnici e intellettuali per interpretarla e leggerla. In tal senso ritengo un’occasione perduta dalla città la ‘diffidenza’ tra Amministrazione e mondo intellettuale riminese scaturita durante il dibattito pubblico sui progetti del lungomare. Il segno di una distanza che va colmata.
Semplicemente questo è il compito prioritario della nuova Amministrazione Comunale di Rimini.
Dall’altra parte uguale sforzo di concretezza deve compierlo chi opera a tutti i livelli nell’universo creativo: abbandonare dunque i settorialismi e i settarismi figli di una stagione superata, investire su progetti di eccellenza, promuovere percorsi mirati a valorizzare una cultura del talento e del merito.
La cultura è un potentissimo fattore di sviluppo, e non solo elemento di fruizione. Ma a una condizione: va condiviso da un’intera comunità. La grande forza e la grande sfida stanno allora nel costruire un sistema urbano in cui non solo si produca cultura ma che si creino le condizioni per un apporto della cultura al di là degli steccati propri del termine. Occorre che il territorio sia visto come un sistema integrato all’interno di un contesto macroregionale e internazionale che ci permetta di sviluppare un progetto di città come Laboratorio Permanente delle Arti.
Il metodo: il ruolo della Pubblica Amministrazione
Semplicità, chiarezza di compiti e ruoli, merito: queste le coordinate del cambio di passo nelle politiche culturali a Rimini. Come tradurle nella pratica amministrativa?
La mia proposta generale ricalca alcune indicazioni dall’associazione ‘Economia della Cultura’.
Solitamente gli enti locali ritengono di adempiere al loro compito istituzionale esclusivamente selezionando mostre, convegni, concerti, attività tra le più varie per l’intrattenimento e quando possibile anche qualche restauro storico.
Un organo esecutivo, soprattutto di governo locale, non ha il dovere di stabilire cosa sia nobile o ignobile, né di imporre i suoi gusti e preferenze. Deve svolgere nella società un ruolo di facilitatore e promotore dello sviluppo. Una giunta al suo insediamento dovrebbe avere la buona abitudine di realizzare una fotografia del territorio in cui dovrà operare, fatta dai propri uffici, da consulenti o dalle locali università. Sulla base della domanda e offerta di servizi rilevata, andrebbe fatta una programmazione dell’attività da svolgere durante il proprio mandato.
E’ importante riportare al centro il peso della programmazione politica e dell’azione amministrativa. Le due si distinguono per l’onere della visione e della strategia. L’amministrazione deve essere in grado di coordinare le funzioni del territorio, deve mettere l’impresa in grado di lavorare, deve far erogare servizi ai cittadini, deve promuovere, sostenere e assistere lo sviluppo. Gli enti locali, per mezzo di una legislazione nazionale e regionale efficace, devono poter definire dei corridoi di crescita, dentro i quali il loro unico compito è l’informazione e l’incoraggiamento.
E invece gli osservatori regionali sulla cultura stentano a decollare. Adesso, per esempio, va di moda l’arte contemporanea. Dopo che per “una vita” la cultura italiana è stata schiacciata dal peso della sua storia, dalla conservazione e dalla tutela del patrimonio, in linea con la tanto invocata innovazione, molti amministratori si son tramutati in paladini dell’arte d’oggi. Ciò però si traduce nel mero finanziamento di mostre, eventi e convegni sul tema, che poco realmente fanno per la creazione e promozione dell’arte.
Le eccezioni ci dimostrano che il sostegno vero è la creazione di fiere commerciali, la formazione avanzata e continua, i viaggi studio, le residenze, le agevolazioni fiscali, i premi, il sostegno alla nuova imprenditorialità. Un’amministrazione pubblica dovrebbe prendere per mano i più meritevoli – mettendo tutti nelle stesse condizioni di esserlo – e condurli verso i confini dell’eccellenza.
Si esternalizzino le scelte di contenuto e si riprendano quelle politiche; se ognuno svolge il proprio compito, il risultato non potrà che essere migliore.
Non solo contenitori
Il compito dell’Ente Comune non si esaurisce con la realizzazione di spazi. Essi vanno riempiti di contenuti, dialoganti l’uno con l’altro, non sovrapponibili, non dispersivi, diffusi. Il compito dell’Ente Comune è articolato su diversi livelli, a cominciare dalla messa a punto di una macchina comunale efficiente, né lenta né ottusa, capace di introdurre criteri meritocratici in percorsi trasparenti e aperti. La revisione del regolamento sulla concessione degli spazi espositivi attraverso il coinvolgimento di una commissione di esperti che- con gli strumenti professionali adeguati- supporti il lavoro degli uffici; un’esatta ricognizione sulle funzioni dei singoli contenitori culturali; l’estensione degli orari di apertura di Museo, Domus del Chirurgo e Biblioteca in sinergia con la struttura universitaria; la definizione di un innovativo programma di utilizzo commerciale dei brand e degli spazi museali (book shop, coffee shop, nuovi materiali) attraverso bando di concorso nazionale; l’introduzione di un percorso educativo negli istituti scolastici superiori fondato sul tema del ‘Propheta in patria’ (le migliori esperienze di riminesi in ambito culturale e artistico che si raccontano ai giovani studenti); uno spazio permanente di confronto sulle politiche culturali che potrebbe concretizzarsi in una collaborazione tra Comune e privati per una rivista trimestrale telematica e/o cartacea dal titolo provvisorio ‘RimCultPop’; la messa in rete e l’omogeneizzazione degli orari di apertura di tutti gli spazi culturali sul territorio per avere una copertura a largo raggio delle opportunità; la collaborazione aperta e sistematica con l’associazionismo culturale, a cominciare dalla rinnovata Fondazione Fellini; l’introduzione di criteri estetici vincolanti in tutti gli interventi, di qualsiasi entità economica, relativi alla riqualificazione urbana; si affiancano con eguale dignità al tema aperto dei contenitori culturali (tra noti e meno noti, anche il problema della realizzazione di un padiglione di arte contemporanea) e al sostegno ‘sostenibile’ all’imprenditoria culturale diffusa. Su quest’ultimo punto, l’introduzione di un pacchetto di agevolazioni tributarie per la fase di ‘start up’ delle nuove imprese potrebbe essere mirata all’ipotesi di stimolare la nascita di nuove gallerie private di arte contemporanea.
Va nuovamente inoculato a Rimini il virus della vivacità, del dibattito, persino della polemica propositiva in ordine al ruolo della cultura della città attraverso una rinnovata assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti interessati. E’ finito il tempo dei burocrati e degli sportelli per la presentazione della domanda, di contributo o di concessione non importa. E’ giunto il tempo che Rimini si misuri con il merito. Semplicemente.